Come avviare un’attività in Giappone
Ogni tanto ti passa per la testa l’idea di mollare tutto e ricominciare da capo in un altro Paese? Se pensi al Sol Levante continua a leggere, perché ti fornirò una visione d’insieme sui pro e contro dell’avviare un’attività imprenditoriale in Giappone partendo dai fondamenti, con particolare attenzione al fattore economico.
Fare impresa in Giappone sotto certi aspetti è più semplice che in Italia: la pressione fiscale è più bassa, le leggi sono meno stringenti e la macchina burocratica, seppur complessa, funziona bene. Queste sono caratteristiche incoraggianti, ma se guardiamo al contesto globale troviamo diversi Paesi in cui le condizioni per aprire un’attività sono migliori. Prima di mettersi in gioco è bene chiedersi se il Giappone sia veramente il Paese adatto al proprio progetto di business, tenendo conto anche degli ostacoli, che possono essere ad esempio la barriera linguistica e culturale.
Il principale modello di società giapponese si chiama Kabushiki Kaisha (株式会社), e pur non essendo l’unico esistente mi concentrerò su questo perché è in assoluto il più comune. Solo a scopo informativo cito anche la Godo Kaisha (合同会社), che per alcuni può essere una valida alternativa, avendo costi di avvio inferiori.
Grazie alle nuove leggi in vigore dal 2006, si può costituire una Kabushiki Kaisha con un capitale minimo di un solo yen. Calcolando tasse e spese notarili i costi di avvio si aggirano sui 250.000 yen, ma siccome preparare tutta la documentazione (in giapponese) da soli è decisamente complicato, bisogna mettere in conto anche l’assistenza di un professionista che porterà la quota ad un totale approssimativo di 350.000 yen. Quindi considerando tutte le spese, il costo complessivo per avviare formalmente una società, con il cambio attuale, risulta inferiore a 3.000 euro.
Si può ottenere il visto lavorativo avviando la propria attività?
In quanto cittadino straniero, per poter risiedere e lavorare in Giappone è necessario possedere un visto, ovvero un permesso di soggiorno. Esistono numerose tipologie di visti, ed al contrario di quanto suggeriscono erroneamente in molti, è possibile ottenere un visto lavorativo investendo nella propria attività.
Il visto lavorativo denominato “Investor/Business Manager” è destinato proprio a coloro che vogliono investire sul mercato giapponese, ma per ottenerlo non basta costituire una società con capitale minimo. Secondo la legge attualmente in vigore i due requisiti principali sono:
- possedere uno spazio fisico in Giappone destinato all’attività commerciale;
- investire nel proprio business almeno 5 milioni di yen, che attualmente equivalgono a poco meno di 40.000 euro.
Oltre a questi requisiti indispensabili, per convincere l’ufficio immigrazione, avrai bisogno di presentare un business plan dettagliato per dimostrare che la tua attività commerciale sarà in grado di generare dei profitti. Avere almeno un dipendente a tempo indeterminato, o ancora meglio un socio in affari giapponese, sono entrambi elementi non indispensabili, ma molto utili per aumentare le probabilità di ottenere il visto.
Lavora sempre con professionisti
“Chi fa da se fa per tre” è un detto che nel business può solo condurti al fallimento. Anche se magari conosci già la lingua, non puoi pensare di partire dal nulla e lanciare un’attività facendo tutto da solo. Per fronteggiare la burocrazia e le complesse leggi giapponesi è indispensabile la consulenza di professionisti in grado di affiancarti e darti le giuste indicazioni su come procedere.
Cercando online delle società giapponesi di consulenza aziendale avrai l’imbarazzo della scelta. Contattane alcune e dopo aver verificato la loro reputazione richiedi a quella che ti offre maggior affidabilità un consulto per tutto ciò che riguarda l’avvio della tua nuova attività. Per quanto riguarda le pratiche relative al visto, potrebbe essere utile consultare anche un avvocato giapponese, sia per aumentare le probabilità di successo, sia per velocizzare i tempi.
Se non parli giapponese puoi comunque cavartela perché esistono diverse società di consulenza e studi legali che offrono i propri servizi anche in inglese. Comprendere la lingua giapponese però è un grande vantaggio, per questo motivo consiglio caldamente di studiarla.
La pressione fiscale e le spese imposte dallo Stato
Come ho accennato all’inizio di questo articolo, la pressione fiscale in Giappone è più bassa rispetto all’Italia, ma senza dubbio non è fra le più basse al mondo. Secondo i dati ufficiali, questa si attesta intorno al 30%, ma ovviamente nella pratica si trovano nette differenze a seconda della tipologia di attività.
Oltre a tasse, contributi previdenziali e assicurazione medica obbligatoria devi mettere in conto anche le sopracitate spese per consulenze e per il commercialista. Siccome sono tutti costi variabili in base alla tipologia ed alla dimensione della società, quello che posso fare è portare come esempio il mio caso personale, ma nel farlo specifico che potresti trovarti in una condizione diversa rispetto alla mia, e l’unico modo per avere una previsione realistica delle spese è anche in questo caso il consulto di un professionista in grado di esaminare la tua situazione.
Per quanto riguarda la mia società di marketing, in quest’anno di attività la somma di tutte le uscite per tasse, assicurazione sanitaria, contributi previdenziali, consulenze fiscali e commercialista, incide per poco meno del 30% sul bilancio complessivo. Non è pochissimo considerando che si tratta di una piccola azienda, ma non c’è nemmeno bisogno di sottolineare che le società italiane subiscono un trattamento ben peggiore.
Preparati a combattere con le banche
Una delle cose che ancora mi chiedo è come sia possibile che un Paese così avanzato in certi settori abbia un sistema bancario dannatamente arretrato, almeno per quanto riguarda i conti aziendali. Mentre per l’apertura di un conto personale il mercato offre fortunatamente l’imbarazzo della scelta, quando c’è di mezzo la gestione di un’azienda ci si deve confrontare quasi obbligatoriamente con una di queste tre banche: UFJ, MSBC e Mizuho.
Allo stato attuale (maggio 2015) posso dire che tutte e tre offrono un servizio a mio giudizio pessimo, commissioni altissime, e se te lo stai chiedendo nessuno dei loro servizi contempla la lingua inglese. La cosa peggiore è che per una piccola o media impresa non esistono delle vere e proprie alternative a queste tre banche, e non si può certo fare a meno di aprire un conto aziendale.
Le conclusioni
Se hai letto tutto fino a questo punto, dovresti avere un’idea più chiara su cosa comporta avviare un’attività commerciale in Giappone. Sta a te decidere se è veramente questo il Paese giusto per investire nella tua prossima attività. Per approfondire l’argomento ti suggerisco di leggere i documenti pubblicati dalla Japan External Trade Organization, meglio conosciuta con la sigla JETRO. Quello che posso dirti in conclusione, dopo i miei consigli e le mie raccomandazioni, è che i principali carburanti per ogni impresa sono passione e dedizione, quindi rimboccati le maniche ed in bocca al lupo!