Tohoku, una mano in più per cambiare il futuro
Lo scorso Ottobre ho avuto l’opportunità di recarmi in Giappone con l’associazione SCI (Servizio Civile Internazionale – www.sci-italia.it) per partecipare a un campo di due settimane che si è svolto nella zona colpita dallo tsunami, precisamente nella cittadina costiera di Minamisanriku nella prefettura di Miyagi, dove l’economia principale è rappresentata dalla pesca. Il mio arrivo in bus è inquietante… a distanza di un anno e mezzo dall’11 marzo 2011, data che resterà nella storia per la tragedia che ha colpito il popolo giapponese, scopro che la ricostruzione procede con grande lentezza e, lungo la strada che entra nel paese, si vedono tanti cumuli di macerie che indicano decine di case distrutte.
Come è possibile una situazione del genere in uno dei Paesi più importanti del mondo? Il campo è organizzato dal Nice (Never-ending International workCamps Exchange), partner giapponese del Sci, e prevede un supporto a una cooperativa di 19 pescatori che stanno riprendendo l’attività lavorativa della pesca e della coltivazione delle alghe ad uso alimentare. Il piccolo gruppo di volontari è formato da 5 persone (i giapponesi Shun, Mine e Mori, Julia dall’Ucraina e il sottoscritto) di ogni fascia d’età (dai 20 ai 60 anni).
Shun è il più giovane del gruppo e ci fa da coordinatore, accompagnato per i primi due giorni da Miho, responsabile della zona per il Nice. Siamo ospiti del sig. Tetsuo, presidente della cooperativa, che vive sul molo in un prefabbricato in lamiera adibito a casa temporanea; il nostro alloggio è un piccolo magazzino dove, nonostante le ridotte dimensioni, riusciamo a
sistemarci. La situazione è davvero triste e siamo dispiaciuti di verificare come gli amici giapponesi si sentano dimenticati dal governo per la situazione di provvisorietà che stanno vivendo da molti mesi, fortunatamente però lo spirito è alto e la voglia di ricostruire non manca a nessuno.
Il nostro aiuto consiste nel rimuovere le macerie dall’area circostante, in modo da creare spazio utile per i pescatori, la pulizia del materiale usato per la pesca (cordami, boe usate in mare), la preparazione del materiale usato per la coltivazione delle alghe (taglio degli alberi di bambù nella vicina foresta, legare le boe con le corde), cose semplici che hanno la loro importanza in un lavoro metodico e ben organizzato come quello dei pescatori. Mori san, il volontario più anziano, ci fa quasi da papà e ama cucinare, cosa che fa più volte per il gruppo, mentre la giornata viene scandita dalla sirena che segna i vari momenti della giornata. Le condizioni di vita sono davvero spartane (abbiamo un solo rubinetto d’acqua all’esterno e un gabinetto chimico), per cui nel tardo pomeriggio si va ogni giorno agli onsen (terme) per lavarsi.
Per una giornata siamo stati al centro di volontariato di Minamisanriku e, insieme a un gruppo di giovani appartenenti a un tempio shinto di Kyoto, abbiamo ripulito un’area del paese perché alcune famiglie chiedono di recuperare oggetti a loro appartenuti, anche se i risultati sono stati un po’ deludenti, a distanza di così tanto tempo dallo tsunami; la visita all’intera cittadina e alla vicina Kesennuma ci ha mostrato un ambiente devastato che mi ha ricordato le immagini dei film sulla Seconda Guerra Mondiale, dove distruzione e macerie trasmettono immagini di morte e assenza di vita.
Con gli amici giapponesi più volte abbiamo avuto occasioni di parlare della loro situazione, visitando anche le loro casine prefabbricate, ed è emerso un certo malcontento per i tempi lenti della ricostruzione e la mancanza di denaro per far ripartire con più efficacia il loro lavoro.
I pescatori e le loro famiglie si sono mostrati sempre gentili e desiderosi di farci conoscere la loro cucina (il pesce è stato preparato in diversi modi in nostro omaggio) e le loro tradizioni, facendoci anche partecipare a una loro riunione che ci ha commossi un poco per l’affetto che ci hanno mostrato (era pure presente un gruppo musicale di canto gregoriano da Tokyo per la consegna di una somma di denaro raccolta durante diversi concerti di beneficenza).
Il campo si è concluso con lacrime e abbracci tra noi volontari e i membri della famiglia del sig. Tatsuo che ci ha invitati la prossima primavera per l’inaugurazione delle nuove case dei pescatori in corso di costruzione.
La presenza dei volontari si è rivelata importante non tanto per l’aiuto dato in lavori quotidiani ma per la capacità di dialogo e l’empatia verso i giapponesi, atteggiamento molto apprezzato perché non ci si sente soli e abbandonati nel vivere una situazione molto difficile e problematica.
Tra i 5 volontari si è vissuta una calda atmosfera di amicizia e collaborazione che ha reso il campo indimenticabile, poiché la voglia di rendersi utili e interagire con l’ambiente circostante, sempre con curiosità e apertura, sono le chiavi giuste per vivere il volontariato con gioia.
L’associazione SCI organizza almeno una cinquantina di campi in tutto il Giappone ogni anno, consiglio vivamente di scoprire questo lontano Paese attraverso un progetto di volontariato.
Rosario Scollo