Patriottismo e nazionalismo in Giappone
Per affrontare il tema del patriottismo in Giappone è inevitabile partire da alcuni cenni storici riguardanti il passato sia remoto che recente. Il popolo giapponese, con la sua cultura e le sue tradizioni, ha origini antichissime ed una storia millenaria alle spalle. Nonostante le influenze provenienti dalla Cina, i giapponesi hanno mantenuto per secoli un completo isolamento dal resto del mondo, dovuto prima di tutto al fatto di vivere su un arcipelago.
Gli unici rapporti con l’Asia continentale erano di tipo commerciale, ed il primo contatto con degli europei è avvenuto intorno al 1540, quando dei portoghesi giunsero accidentalmente sulle coste dell’isola di Kyushu. Furono proprio i portoghesi ad introdurre in Giappone le armi da fuoco e ad aprire nuove relazioni e mercati commerciali. Questa apparente apertura però fu di breve durata perché all’arrivo dei primi missionari cristiani fece seguito una sanguinosa persecuzione iniziata poco prima del 1600 per volere di Hideyoshi Toyotomi, spaventato dalla crescente diffusione del cristianesimo, e portata avanti dai regnanti che l’hanno succeduto.
Per lungo tempo il Giappone continuò ad avere contatti esterni esclusivamente per questioni legate al commercio, avvicinandosi sempre più ad un modello di Paese guerrafondaio basato sulla potenza militare. La reale e definitiva apertura del Giappone si concretizzò solamente in seguito alla sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, quando dovette arrendersi agli americani e accettare la nuova costituzione che imponeva, oltre al ripudio della guerra, la libertà di culto e la fine della persecuzione.
In brevissimo tempo un Paese che per secoli ha vissuto rifiutando ogni tipo di rapporto con l’estero ha cambiato completamente faccia e si è reso protagonista del più grande boom economico della storia del dopoguerra, diventando la seconda economia del mondo. Questo cambiamento così improvviso e radicale è all’origine del Giappone attuale, ricco di contraddizioni e retroscena misteriosi.
Sebbene vi sia stato un netto taglio con il passato, settant’anni di storia non bastano a cancellare le profonde radici millenarie che il popolo giapponese si porta dietro, nel proprio bagaglio storico e culturale. Un forte patriottismo e attaccamento alla Nazione sono sentimenti predominanti che caratterizzano anche il Giappone di oggi, nonostante le generazioni più giovani rappresentino senza dubbio una ulteriore svolta rispetto al passato.
Le forme in cui si manifestano questi sentimenti sono molteplici, come ad esempio il modo di parlare del proprio Paese. Al contrario di noi italiani, che ci lanciamo frequentemente in analisi molto critiche dell’Italia e spesso ne mettiamo in evidenza gli aspetti più negativi anche quando siamo all’estero, i giapponesi parlano male del Giappone molto raramente, bensì sono più portati a metterne in evidenza gli aspetti migliori manifestando una sorta di orgoglio nazionale.
Il profondo legame con la Patria si nota anche dalla conservazione dei beni pubblici, che sono considerati patrimonio di tutta la Nazione, ovvero della collettività, e per questo motivo vengono trattati con cura addirittura maggiore rispetto ai beni privati. Atti di vandalismo, danneggiamento di beni pubblici e graffiti sono fenomeni praticamente inesistenti anche nelle periferie delle grandi città.
Un’altra faccia della stessa medaglia è la grande rigidità del sistema e di tutta la società, che è una delle caratteristiche che contraddistinguono il Giappone e può essere considerata positiva o negativa a seconda dei punti di vista. Una delle prime cose che ho notato al mio arrivo in questa terra sorprendente è che le persone lavorano non solo per la ricerca di una realizzazione personale o per il sostentamento del proprio nucleo familiare ma per dare un personale contributo al sistema. Un lavoratore giapponese, prima ancora di considerarsi singolo individuo, ritiene di essere un ingranaggio di una macchina perfetta ed elaborata, ovvero la società nipponica.
Questo sistema così rigido e complesso deve confrontarsi ogni giorno con le tematiche relative all’immigrazione. In seguito all’apertura e al boom economico l’arrivo di immigrati dall’estero, in particolar modo da Cina e Corea, ma anche dal Brasile ed altri Paesi, è diventato un fenomeno di dimensioni non trascurabili. Le misure adottate per controllare i flussi migratori sono ancora una volta basate sull’applicazione ed il rispetto di regole ferree. Avere un visto è fondamentale per non essere espulsi dal Paese e l’incredibile efficacia dei controlli unita alla severità delle sanzioni fa si che il problema dell’immigrazione irregolare sia di fatto inesistente. Un’immigrato con un visto irregolare, magari scaduto da un solo giorno, rischia di essere espulso e di non poter rientrare in Giappone per un periodo che può arrivare a 10 anni.
Questa severità nei confronti degli immigrati è in realtà frutto di una rigidità generale di tutto il sistema nipponico, ma qual è il livello di accettazione degli stranieri all’interno della società? I giapponesi sono persone notoriamente ospitali e accoglienti, questa è una delle principali ragioni che rendono un viaggio nella Terra del Sol Levante un’esperienza meravigliosa ed indimenticabile per tutti i viaggiatori. Per gli immigrati però bisogna fare un discorso a parte, perché una completa integrazione, in particolare sul posto di lavoro, può essere spesso molto difficoltosa, soprattutto per coreani e cinesi che a causa del passato ricco di conflitti sono tutt’oggi soggetti a diversi pregiudizi.
La difficoltà ad integrarsi negli ambienti lavorativi è uno degli effetti dell’eccessivo attaccamento agli ideali ed ai valori della Patria da parte di un certo numero di giapponesi. Negli ultimi anni sono nate diverse associazioni che si battono per la parità dei diritti sul lavoro delle minoranze cinesi, coreane e brasiliane. Per ragioni storiche e culturali gli europei, così come gli americani, sono meno toccati da problemi di questo tipo, in alcuni casi vengono addirittura considerati dei privilegiati.
Quanto detto dimostra come sia di attualità anche il tema del razzismo e dei problemi relativi all’integrazione degli stranieri. Sebbene la gran parte dei giapponesi siano moderati, esistono anche persone che hanno una visione molto più estrema, in alcuni casi estrema a tal punto da trovare una rappresentanza in gruppi appartenenti alla destra ultranazionalista. Questi gruppi rappresentano comunque una ridotta minoranza, ne è dimostrazione il fatto che alle elezioni oltre 2/3 dei voti confluiscono sempre nei due principali partiti giapponesi, uno progressista e l’altro conservatore ma entrambi di natura moderata.