Kendo
Il Kendō (剣道) significa “la via della spada” ed è un’antica arte marziale nipponica che viene effettuata con una katana, la tradizionale spada dei samurai del kenjutsu.
Si tratta di una fondamentale arte di combattimento che vede i suoi inizi alla fine del XII secolo nel periodo Kamakura dove la spada, insieme all’arco e all’equitazione, erano punti focali dell’addestramento militare di ogni clan che esisteva in Giappone.
Fu sensibile all’influenza Zen lo sviluppo del kendō tanto da modificare le sensazioni dei samurai che, durante la battaglia, erano totalmente indifferenti per le sorti della loro vita mentre tenevano in netta considerazione la vittoria negli scontri individuali, richiamando il concetto buddhista a proposito della illusoria realtà tra morte e vita.
Fu proprio in quel contesto cronologico che tanti furono i samurai rappresentati nella pratica del kendō e molti di loro furono i primi ad aprire le scuole di tecnica della spada tra cui Ittōryū (一刀流) e il Mutō (無刀).
Per ovvie ragioni al giorno d’oggi si utilizzano per i kata i bokken, ossia spade di legno al posto delle katana così come per i comuni esercizi viene impiegato lo shinai costituito da quattro stecche di bambù e si usa il bōgu, ossia una più che robusta armatura di protezione.
I praticanti di questa arte marziale sono chiamati kendōka (剣道家) o anche kenshi (剣士?), ossia spadaccini.
Il concept
Attraverso l’applicazione dei rigidi principi della spada, ossia della katana, si ottiene la possibilità di disciplinare il carattere della persona ed è questo il fondamento del kendō.
È ferma convinzione di ogni giapponese che lo scopo del kendō sia quello di formare il corpo e la mente, addestrare un forte spirito e tenere in debito conto l’onore e la cortesia grazie allo svolgersi di un severo ma corretto addestramento che sia anche necessario per relazionarsi con gli altri sempre in modo sincero ricercando, nel contempo, anche il miglioramento di sé stessi. Se tutto questo sarà eseguito in modo ottimale, l’individuo che pratica il kendō sarà in grado di amare il suo Paese e la società, contribuendo allo sviluppo della cultura e di promuovere la pace ed il benessere tra i popoli.
Equipaggiamento
La katana (刀), vera spada tradizionale giapponese, viene rappresentata dallo shinai (竹刀) che è costituito da quattro stecche di bambù unite tra loro da alcune parti in pelle. Al giorno d’oggi ci sono degli shinai che sono realizzati con fibra di carbonio che viene rinforzata da alcuni strati protettivi di resina.
Per la pratica dei kata si usa il bokken (木剣) come viene chiamato dagli occidentali o bokutō (木刀) come viene invece detto dai giapponesi che è una spada in legno massiccio i cui colpi vendono portarti sia con la lama che con la punta.
L’armatura, ovvero il bōgu (防具) è un altro elemento fondamentale per chi pratica il kendō dal momento che abbisogno di protezione in alcune precise parti del corpo che sono i bersagli dei colpi di spada dell’avversario quali testa, fianchi e polsi. Il men (面), è un elmo che dispone di una griglia metallica a protezione del volto e degli strati di pezze di pelle che hanno il compito di proteggere colpi eventualmente arrivati sulla gola. Inoltre, l’armatura, ha anche protezioni per le spalle e per il collo mentre mani, polsi ed avambracci sono protetti da spessi guanti imbottiti che si chiamano kote (小手).
Il dō (胴), è un corpetto che ha il compito di proteggere il solo torso e il tare (垂れ), formato da lembi verticali di tessuto, è la difesa della zona inguinale e del punto vita. Ed è proprio sulla parte centrale di questa ultima protezione che viene applicata una etichetta indicante il nome del combattente e quello del suo Dojo. Questa parte non è affatto un bersaglio ma il tare serve solamente per proteggere da colpi casuali.
Il resto dell’abbigliamento è composto dal kendogi (剣道着) o keikogi (稽古着) una giacca blu oppure bianca e dall’hakama (袴), una specie di ampia gonna/pantalone di color blu. Completa il tutto il tenugui (手拭い), un fazzoletto che viene posto sotto l’elmo per assorbire il sudore.
Regole e dettami
Dopo aver indossato l’armatura si impugna il bokken per eseguire una serie di esercizi che sono i dieci kata che inglobano l’essenza di questa arte marziale oppure si impugna lo shinai per un vero combattimento detto jigeiko.
Tutto avviene dentro ad un dojo dove si inizia con un triplice saluto indirizzato al dojo, al maestro e ai compagni e che precede il riscaldamento muscolare chiamato subiri e che vede esercizi con lo shinai: joge suburi, naname suburi, zenshinmen, zenshin kotaimen, zenshin kotai sayumen e choyakumen.
Durante uno shiai, ossia un combattimento agonistico, è consentito colpire sia l’elmo che la gola. Vince chi per primo realizza due ippon, ossia colpi convalidati dai tre arbitri che assegnano i colpi seguendo la filosofia del kikentai icchi (気剣体一致).
Come per altre arti marziali, l’avanzamento dell’esperienza acquisita nel kendō è riconosciuto con un sistema che, per quelli più elevati, può essere assegnata anche una speciale onorificenza.
Nel kendō non esistono simboli che evidenziano il livello dei combattenti per cui, senza indicazioni di sorta, è praticamente impossibile sapere il loro grado di esperienza che può essere solamente intuito vedendone le abilità.
Tuttavia il sistema di classificazione è diviso in gradi che sono kyū (級) e dan (段). Esistono dieci livelli di dan e sei livelli di kyū. Tra i vari livelli, l’abbigliamento è pressoché identico per tutti i praticanti.