Il mio 11 marzo 2011 (Parte 1)
Inizio questo articolo senza sapere dove mi porterà stavolta.
Oggi sono due anni dall’11 Marzo 2011, un giorno che ha cambiato completamente la mia vita, e io non so più come sentirmi.
Capiamoci, quello che ho perso io, non è niente, niente in confronto a quello che hanno perso migliaia di persone nel Tohoku, e proprio per quello penso di non avere nessun diritto di lamentarmi se poi le cose per me, quell’anno, in quel frangente andarono male.
C’è gente a cui andò peggio e la mia esperienza è irrilevante in confronto alla loro.
Ma beh, io ho quella da presentarvi, quindi, per questa ricorrenza di due anni da quell’evento, ho deciso di raccontarvi il mio 11 Marzo 2011.
Perché io ero in Giappone, a Tokyo precisamente, e ho vissuto quel terremoto e tutto quello che è venuto dopo.
Non mi piace scrivere questi ricordi, ma bisogna non dimenticare mai quanto la natura sia capace in 3 minuti d’orologio, a ricordarti che tu in confronto a lei sei insignificante.
Comunque, incominciamo il racconto.
Era una giornata come tutte le altre, in quel periodo io non ero molto felice.
La scuola per cui lavoravo mi aveva felicemente fregato, nel senso che è vero, avevo un visto lavorativo e un lavoro con un contratto, ma il caro capo, (vi ricordate quando dicevo che avevo incontrato la peggior gente?) mi pagava meno della metà di quello che c’era scritto sul contratto. Al momento del colloquio fu bravissimo a non menzionare che il mio stipendio andava a lezione, e non era fisso al mese nonostante sulla carta ci fosse scritto il contrario.
E cosa faceva, mi aveva fatto cominciare dandomi qualcosa come 6 euro a lezione e riempiendomi di lezioni anche se non riuscivo ad arrivare ad un normale stipendio italiano.
Poi quando lo stipendio si alzava (ogni 3 mesi si alzava di un po’), mi diminuiva le lezioni, in modo che io mi trovassi sempre lo stesso tipo di entrata mensile, calcolando che non mi rimborsava neanche interamente il mio abbonamento mensile del treno, sopravvivevo grazie alla mia famiglia che mi mandava pacchi di roba da mangiare, e alla mia host family che era così gentile da aspettare quando non avevo i soldi per pagare la camera.
Voi mi direte, è illegale quello che faceva quell’uomo, e onestamente lo pensavo anche io.
Ma quando andai, perché ci andai, all’ufficio che tutelava i lavoratori, con tutto quello che dissi loro, non riuscirono a trovare nulla di illegale.
Non mi chiedete perché… la vita spesso ti tira tanta… ehm cioccolata.
Comunque, in quel periodo ero a pezzi, stavo veramente male perché mi rendevo conto che non ero riuscita a mettere da parte niente a causa questo stipendio da fame e ancora pesavo sui miei genitori che mi mandavano provviste dall’Italia.
Siccome oramai prendevo più di 6 euro a lezione, ovviamente le lezioni erano così diminuite che spesso passavo 3 giorni a casa, o andavo solo per una studentessa o due.
Quell’11 Marzo non ne avevo e la mattina mi ricordo che andai ad Omotesando per segnarmi ad una ennesima agenzia dello spettacolo, e poi tornai verso casa.
Prima di rientrare però decisi di fermarmi al Daiso, un negozio che vendeva tutto a 100 yen, e che era al sesto piano di un edificio proprio accanto alla stazione.
Ero lì, davanti alle posate, volevo comprare un forchettone da insalata, quando vidi le posate che cominciavano a muoversi.
Va bene… un terremoto, ok, tanto ormai ci ero abituata.
Anche qui, io ho avuto seri problemi a considerare i terremoti parte integrante della mia vita, non mi piace avere la terra che mi si muove sotto ai piedi, ma tanti anni di Giappone ormai mi hanno fatto abituare alle scosse.
Eppure stavolta c’era qualcosa che non andava.
Era strano, voglio dire, invece di smettere aumentava, allora ho visto i commessi che ci facevano segno di allontanarci dalle pareti e di metterci nei corridoi.
Mi sentivo come se fossi in mezzo al mare, l’edificio dondolava così tanto che non riuscivamo a stare in piedi e ci mettemmo tutti in ginocchio, per non cadere.
Alcuni stands con della roba cadevano, una signora aveva una bambina piccola con sé e quando si sentì il rumore di uno stand con dei piatti che cadevano, urlò.
Le persone, me compresa, non riuscivano a capire cosa stesse succedendo.
Eravamo increduli.
La terra smise di muoversi, e a tutti scapparono… avete presente quei ridolini isterici?
Ecco, quelli.
Ovviamente essendo ad un sesto piano, ci fecero rimanere lì, mentre l’altoparlante diceva di non lasciarsi prendere dal panico perché l’edificio era antisismico.
Aspettammo circa 20 minuti, si dovevano assicurare che le scale fossero praticabili, nel frattempo tutti cercavamo di telefonare ma le linee erano occupate.
Nessuno poteva chiamare.
Io mandai un messaggio su Facebook perché anche se non mi rendevo ancora conto delle proporzioni di questo evento, chiesi a chi leggeva di avvertire la mia famiglia e dir loro di non preoccuparsi.
Entrambi i miei genitori hanno problemi di salute e quindi potete immaginarvi come potevo stare io al pensiero di quello che potevano dire in Italia, dove se c’è un terremoto in Hokkaido scrivono “Tokyo” e fanno prendere un colpo a tutti.
Insomma, per farla breve, venti minuti dopo siamo usciti da questo edificio ed io ero impaziente di tornare a casa perché già pensavo a come fosse ridotta la mia camera.
Arrivata davanti all’edificio vidi la gente per strada.
Di fronte a noi avevamo un ufficio e gli impiegati erano ancora fuori.
Entrai e corsi al secondo piano, niente da dire, era caduto il mondo…
Misi tutto sul letto, chiamai di sotto per sentire se c’era qualcuno ma non mi rispose nessuno.
Allora andai a vedere e a casa c’erano l’otousama e la okasama… soli.
L’otousama non capiva bene cosa stesse succedendo quindi dissi alla okaasama di aiutarmi, dovevamo uscire dalla casa almeno finché non si calmavano le scosse di assestamento.
Fu difficile convincere il papà.
La figlia che viveva con noi non c’era e quindi alla fine in due riuscimmo a farcela.
Mi ricordo che lui mi chiedeva: “Ma continua??”.
E io: “Sì sì continuerà a muoversi dobbiamo uscire!”
La cosa peggiore fu quando furono tutti e due fuori ma io dovevo rientrare per prendere la cagnolona.
Se mi muovevo l’otousama voleva rientrare e io non potevo farlo rientrare.
Corsi a prendere Akko quando finalmente la okaasama convinse il papà a rimanere lì e in tre più cane aspettammo fuori.
Proprio quando finalmente ero riuscita a portare via anche la cagnolona, la seconda scossa, più vicina a Tokyo, si fece sentire.
Li feci ritornare in casa solo quando vidi che anche gli impiegati ritornavano in ufficio.
Nessuno riusciva a capire bene cosa fosse successo… o la grandezza di quello che era successo.
Rientrati, mi fermai a vedere la tv con loro e c’era allarme tsunami ovunque.
Ogni tanto i ricordi si fanno confusi, mi ricordo di aver scritto un enorme ODDIIIOOOO su Facebook subito dopo il terremoto.
Guardavo la tv ma non sapevo cosa fare.
Dicevano di coprirsi bene e di aspettare perché se fosse arrivato qualcosa di grosso dovevamo stare lontani anche dai fiumi, e noi ne avevamo uno relativamente vicino.
Tornò la figlia che era fuori, la mia coinquilina che stava con me al piano di sopra, riuscì a contattarmi. Era ferma a Nogizaka, dove lavorava perché ovviamente i treni non si muovevano e mi raccontava che si stava incamminando con altra gente per attraversare tutta la città e arrivare a casa.
Rientrò alle 6 della mattina dopo aver camminato per più di 12 ore.
Quella sera, ancora non era chiaro a tutti cosa stesse succedendo.
Lo tsunami arrivò, guardavamo senza parole la tv mentre in diretta questa onda immensa inghiottiva tutto.
I programmi erano stati tutti interrotti, mandavano solo le news 24 ore su 24 e le scosse di assestamento non smettevano.
Io ero vestita pesante, sotto consiglio della host family, sia mai lo tsunami toccasse anche noi, lo so che è irreale anche solo pensarlo ma comprendete, nessuno capiva cosa ci si poteva aspettare da questa onda e fino a dove sarebbe arrivata.
Non avevo un granché in casa ma si diceva che in giro la gente aveva preso d’assalto i konbini e i supermercati quindi per tutelarmi anche io andai a prendere qualcosa.
I due supermercati vicino casa mia erano quasi vuoti, comprai un po’ di cup ramen anche se poi fu abbastanza inutile perché non avevo pensato che eravamo senza gas.
Quando c’è un terremoto forte, il gas viene staccato automaticamente per prevenire incendi, ovviamente non avendo gas non potevo scaldare l’acqua per prepararmi il ramen.
Ero strana, non avevo fame e andavo avanti mangiando banane, l’unico frutto che potevo permettermi perché non è molto caro qui.
Continuavo a pensare che comunque era molto meglio che fosse successo da noi in Giappone, perché in Italia sarebbe stata una tragedia senza precedenti.
Non sapevamo ancora quante vittime aveva fatto lo tsunami, sapevamo solo che c’erano state pochissime vittime per il terremoto e questo faceva molto onore al Paese.
Non dormii bene quella notte, non so perché ma non mi sentivo tranquilla, certo le scossette ogni 20 minuti non aiutavano. Non potevamo sapere se ci sarebbe stata qualche altra scossa forte, parlavano in tv di assestamenti superiori al sesto grado.
Non ti fa dormire bene un’idea del genere.
Il giorno dopo, uscendo di casa per andare a lavoro, arrivai alla stazione e mi accorsi che il treno ancora non aveva ripreso a muoversi.
Chiamai a lavoro per dire del problema e loro mi dissero che le lezioni ovviamente erano state cancellate (a me non avevano detto niente eh, che bella gente).
Tornai a casa e accesi la tv… le scosse c’erano ancora ma l’intensità diminuiva, eppure in tv i programmi non erano ripresi.
Invece, tutti parlavano di una centrale nucleare a Fukushima che stava creando problemi.
Era evidente che c’era in atto qualcosa che sembrava essere più pericoloso del terremoto e se pensavo che il peggio fosse passato, mi sbagliavo di grosso…
Fine Prima Parte.