Il Giappone due anni dopo Fukushima
Quasi nessuno parla più di Fukushima, ed i pochi giornalisti che se ne occupano, solitamente non hanno la più pallida idea di quale sia la reale situazione in cui si trova il Giappone oggi. Un esempio lampante è la giornalista Debora Billi, di cui mi sono occupato in un articolo precedente a questo (Debbichan, la ragazza radioattiva). Per dare un’immagine realistica e chiara sulla situazione in cui si trova il Giappone dal punto di vista della radioattività ci vuole qualcuno che conosca molto bene l’argomento di cui parla. Ho il piacere di dare il benvenuto su ItaliaJapan.net a Marco Casolino, Primo Ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma Tor Vergata, e team leader al Riken giapponese.
Andrea: Ciao Marco e grazie per aver accettato di rispondere ad alcune domande che potranno chiarirci le idee sulla reale situazione in cui si trova il Giappone a quasi due anni di distanza dall’incidente di Fukushima. Nel pieno del “panico nucleare” scatenatosi nel marzo 2011, subito dopo le prime notizie riguardanti i danni alla centrale di Fukushima provocati dallo tsunami, molti stranieri che si trovavano in Giappone decisero di imbarcarsi sul primo volo disponibile per sottrarsi al pericolo di una possibile contaminazione radioattiva. Tu invece hai fatto il percorso inverso, recandoti in Giappone proprio quando quasi tutta la stampa italiana diffondeva la paura dipingendo uno scenario apocalittico. Il tuo è stato un gesto di coraggio misto a follia o le informazioni diffuse dai giornalisti nostrani non corrispondevano del tutto alla realtà dei fatti?
Marco: Ciao Andrea, grazie dell’invito. In quei giorni frenetici, subito dopo l’incidente, la stampa nazionale ed internazionale ha scritto un mucchio di cose senza senso, volte volutamente ad esagerare lo stato di una situazione che era grave sì, ma lungi dall’apocalisse paventato da molti pseudo-inviati speciali. Lavorando nel campo della fisica ho avuto la fortuna di poter contare su numeri e misure sulla radiazione. Questi valori, seppur disponibili a tutti in rete in tempo reale, non erano riportati da chi preferiva descrivere città abbandonate e scenari post-nucleari alla Ken Shiro. I dati di Tokyo erano acquisiti da ricercatori del Riken, persone che, come me, avevano famiglia in Giappone. Per motivi di lavoro dovevo comunque recarmi in Giappone, per cui partii il 23 marzo armato di contatori Geiger per misurare di persona la radioattività. L’aereo atterò ad Osaka perché Narita era stato chiuso, ma nel viaggio tra le due città, e poi nella regione di Tokyo e Saitama, ebbi modo di verificare in prima persona come la radiazione ambientale fosse (ed è) un terzo di quella di Roma.
Andrea: Le misurazioni hanno effettivamente dimostrato che in tutte le aree a distanza di sicurezza dalla centrale, come la metropoli di Tokyo, non c’è alcun tipo di pericolo o allarme legato alla radioattività ambientale, ma cosa mi dici del cibo? Mangiare in Giappone è sicuro o ci sono dei rischi?
Marco: Il cibo in Giappone è assolutamente sicuro: è proibito mettere in commercio prodotti che hanno più di 100Becquerel/kg (ossia 100 decadimenti al secondo per chilo). Questo è un limite ben più restrittivo di quelli dell’Unione Europea, ed anche più basso delle banane, che contengono radioattività per 125Bq/kg di potassio 40 (La radioattività in Giappone) . I controlli sono severi ed indipendenti, effettuati sia dal governo che da agenzie indipendenti e le catene di distribuzione. Se poi si viene in Giappone per vacanza si può star sicuri che il rischio è ancora minore, perché le quantità di cibo che si assumono in qualche settimana sono comunque ridotte. In conclusione si può mangiare senza problemi e senza preoccupazioni se non quelle della linea.
Andrea: E la situazione nelle zone limitrofe alla centrale danneggiata com’è oggi? Ad un turista che vuole mettersi in viaggio per il Giappone quali aree consiglieresti di NON visitare per essere assolutamente tranquillo?
Marco: Non vi sono zone pericolose: la zona entro 20 km dalla famigerata centrale è comunque interdetta al pubblico e agli stessi abitanti che sono stati evacuati. La prefettura di Fukushima è perfettamente sicura e splendida. I valori della radiazione sono leggermente più alti di Tokyo [nella città di Fukushima il valore medio è 0.15 microSv/h rispetto a 0.1microSv/h della capitale] ma comunque dell’ordine di quanto si incontra a Roma o in zone vulcaniche. Ci sono alcuni “hot spot”, zone di qualche metro dove la radiazione si è accumulata a seguito del fluire delle acque piovane, ma sono zone circoscritte in cui bisognerebbe vivere tutto l’anno stile eremita per avere un qualche effetto misurabile (ma ancora non apprezzabile per la salute). In conclusione non vi sono zone da evitare per la radiazione.
Andrea: Proprio in questi giorni sei stato nella città di Fukushima, situata a poche decine di chilometri dalla centrale incidentata, per fare delle misurazioni al terreno. Come hai trovato la città ed i suoi abitanti? La vita quotidiana è tornata alla normalità anche in quelle zone, colpite così da vicino dalla tragedia del 2011?
Marco: La regione di Fukushima è splendida, con zone montagnose e che affacciano sull’oceano Pacifico. Purtroppo la costa è in più punti completamente pianeggiante: questo ha consentito allo tsunami dell’11 marzo 2011 di penetrare per vari chilometri nell’entroterra, distruggendo tutto quello che incontrava. Anche se i detriti, un tempo case, scuole ed ospedali, sono stati rimossi e molte abitazioni sono state ricostruite, la distruzione è particolarmente evidente. Alberi sradicati e schiacciati dalla furia del mare e fondamenta di cemento sono tutto quello che rimane di cittadine un tempo fiorenti. A questo si è aggiunto il disastro della centrale nucleare di Fukushima. Anche se, come accennato, la radiazione ambientale non è elevatissima, l’effetto sull’economia della regione è stato devastante. Quasi nessuno si fida di mangiare il cibo prodotto nella regione, e “Fukushima” è diventato per lo più un marchio di immeritata infamia e contaminazione. Vi sono vari tentativi per migliorare questa situazione, soprattutto con filiere di produzione che garantiscono la qualità e la sicurezza del cibo con misure indipendenti e misure negli stessi punti vendita, ma la strada per un recupero economico della produzione agricola sarà molto lunga. (La contaminazione in Giappone). La vita nella regione e soprattutto in città prosegue senza evidenti problemi, ma è stata comunque profondamente colpita sia dallo tsunami che dall’incidente alla centrale. In media sono molto più attenti sia alle notizie provenienti dalla centrale nucleare e dagli sforzi per metterla in sicurezza, ed hanno una competenza e conoscenza delle radiazioni, degli effetti e di come misurarle molto superiore alla media.
Andrea: In conclusione, c’è un pensiero che vuoi dedicare a tutti quei “giornalisti da riporto” che, ancora oggi, senza conoscere i fatti e senza aver mai messo piede in Giappone, speculano sulla paura e sulla sofferenza delle persone diffondendo informazioni false con il solo scopo di vendere copie?
Marco: Negli eventi del marzo 2011 vi è stata una enorme discrepanza tra fatti narrati e realtà, numeri citati a caso, unità di misura sbagliate (come chiedere un metro di latte al supermercato). In questa occasione abbiamo avuto modo di verificare gli errori di approssimazione e fatti in malafede da molti (non tutti) reporter. L’aspetto più preoccupante è quindi che molte altre notizie ci vengano proposte con lo stesso specchio distorto. Nel caso della radioattività è relativamente semplice misurare di persona i valori, in altri aspetti della vita purtroppo non è così…