Battle Royale
Pensate ad un reality estremo e mischiatelo con una caccia all’uomo ad eliminazione diretta, aggiungeteci l’eterno contrasto generazionale ed una storia d’amore più un pizzico della pazzia di Beat Kitano ed avrete come risultato Battle Royale.
Siamo in un futuro, non molto lontano, dove gli adulti non riescono a tenere a bada i giovani e l’unica strada possibile sembra un’esemplare violenza che possa servire a rimetterli in riga. A tale scopo il governo vara il BR Act ed organizza un gioco in cui i protagonisti sono gli alunni di una classe che vengono portati su un’isola deserta, equipaggiati ognuno con un’arma diversa, da utilizzare per eliminare gli altri concorrenti e, infine, tenuti sotto controllo attraverso un collare esplosivo. Il gioco prevede due possibilità: un vincitore, unico sopravvissuto entro il termine prestabilito di tre giorni, o la morte di tutti i concorrenti.
Il mondo degli adulti è magnificamente interpretato e rappresentato da Kitano, professore disilluso e padre fallito che cerca di cogliere l’opportunità presentatagli col gioco di prendersi una rivincita sui giovani e, forse, anche sulla giovinezza. Kitano è perfetto nel suo ruolo, nonostante la sua spietatezza riesce anche a suscitare tenerezza, specialmente nel suo rapporto con la studentessa Noriko Nakagawa, l’unica che lo considera come essere umano, e nel rapporto con sua figlia che lo tratta con freddezza nonostante lui la ami.
Di primaria importanza è la storia d’amore tra gli studenti Shuya Nanahara (Tatsuya Fujiwara) e Noriko Nakagawa (Aki Maeda), filo conduttore, con l’eliminazione fisica dei concorrenti, del film e che sembra poter vincere su tutto e tutti.
Battle Royale è un film interessante, cinico, cattivo e di un’estrema violenza, dove tutto sembra possibile. Viene dipinto in modo crudo l’istinto di sopravvivenza dell’individuo che può portare all’eliminazione di qualsiasi minaccia senza tener conto dei pregressi rapporti sociali.
Siamo testimoni della trasformazione radicale di alcuni studenti che da timidi ed impacciati diventano spietati assassini, del suicidio di coloro che non accettano l’imposizione della violenza, di amori nascosti ed esternati solo in punto di morte, di sogni che si dissolvono al contatto con la realtà. È un film che ha anticipato e portato agli estremi il fenomeno dei reality, mostra come il potere politico abbia deciso di utilizzare, come mezzo per raggiungere il consenso, la TV nella sua forma più popolare e populista, incurante dei diritti dell’individuo e di qualsivoglia questione morale. I mezzi di comunicazione, schiavi degli ascolti e del potere politico, sono parti attive del disegno governativo partecipando in massa all’evento e garantendo la spettacolarizzazione dello stesso.
Cesidio Tatarella