Aikido
Cosa è l’aikidō
Si tratta di un’arte marziale nipponiche che può essere eseguita a mani nude ma anche con le tradizionali ami bianche appartenenti al Budō giapponese e che sono rappresentate dalla spada (ken), dal pugnale (tantō) e dal bastone (jō). I praticanti dell’aikido (合氣道) sono chiamati aikidoka (合気道家).
Nata negli anni Trenta del secolo scorso ad opera di Morihei Ueshida, definito dai praticanti dell’Aikido anche Ōsensei (翁先生) ossia grande maestro, si rifà ai dettami delle scuole Ryu.
Principalmente è originata da un’altra arte marziale, il Daitō-Ryū Aikijūjutsu, dalla quale trae degli spunti dai quali, poco a poco, si distanza grazie soprattutto al maestro Uedhida e dalla religione Ōmoto-kyō.
Due sono state le fasi dell’evoluzione di questa arte marziale di cui la prima è connessa agli sviluppi dello studio del Budō giapponese mentre la seconda – avvenuta dopo la fine della seconda guerra mondiale – è dettata dall’affermazione che ebbe in tutto il mondo dove si ramificò in modo veloce e globale.
Il suo nome è costituito da tre caratteri che sono合 (ai), 氣 (ki), 道 (dō) che significano: ai = armonia; ki = spirito; dō = cammino spirituale.
Il tutto può essere riassunto con la spiegazione di essere una disciplina che porta all’unione armonica dell’essere con l’energia vitale e lo spirito dell’Universo.
Il maestro Ueshida amava dire che questa arte marziale andava ad esprimere la riconoscenza verso la natura da parte dell’individuo che l’andasse a praticare.
Le fasi evolutive dell’Aikido
Chi vuole conoscere le evoluzioni di questa arte marziale devono sapere che i suoi dettami, quelli impartiti dal suo fondatore, si sono variati nel corso del tempo seconde delle personali considerazione del Budō giapponese e possono dividersi addirittura in epoche.
Ecco analiticamente le varie fasi.
L’Era Taishō (dagli inizi fino al 1926)
Quello che diventerà il fondatore dell’Aikido, Morihei Ueshida, inizia a dedicarsi ad alcune forme di Bujutsu (武術) con particolare riferimento al Daitō-Ryū Aikijūjutsu (大東流合気柔術) e, grazie agli insegnamenti del maestro Takeda (武田惣角), ebbe modo di impostare la pratica sui kata.
Oltre alle tradizionali scuole di Jujitsu che insegnavano il combattimento solo sul corpo, ce n’erano altre che includevano anche tecniche di spada di tai-jutsu. Tra queste c’era la scuola Daitôryû di Aizu dove operava Takeda e dove Ueshida fu uno dei migliori allievi.
Usheida incontrò nel 1919 Onisaburo Deguchi, capo della setta Ōmoto-kyō lo influenzò in modo molto significativo.
Completati gli studi nel 1922 e ricevuto il grado di istruttore che lo nominò rappresentante della scuola Daito, il Kyoju Dairi, Ueshiba ebbe modo qualche anno più tardi di dimostrare la sua capacità di difendersi senza alcuna arma da un uomo armato di bokken. Fu allora che Ueshiba, avendo successo in questa esibizione, ebbe modo di cambiare il suo punto di vista circa il Budō e la materialità.
Infatti, fu ispirato a tal punto di convincersi che era possibile elevare lo spirito dell’essere umano mettendo in connessione lo stesso con una visione religiosa delle arti marziali fino a concepire le forme che Ueshida prese per definire la pratica dell’aikido.
L’era Shōva (1926 – 1931)
Lasciata momentaneamente la religione per avere più tempo da dedicare al Budō divenendone uno specialista, Ueshiba aggiunse anche il Daitōryu tra le sue conoscenze di arti marziali apprendendo l’uso della lancia e della spada e creando il metodo uchikomi, considerato oggi fondamentale nell’aikido.
Fu nel 1927, trasferendosi a Tokyo, che Ueshiba inizia ad insegnare l’Aiki-Budō fino ad iniziare il percorso del Dojo Kobukan che si trasformerà nel centro mondiale dell’aikido.
Sviluppo e diffusione in Giappone e all’estero
Ufficializzato il nome aikido nel 1942, questa arte marziale vede il suo fondatore ritirarsi dalla scene per vivere in una piccola cittadina e lasciare ad altri mani la sorte del Kobukai. Proprio alla fine della seconda guerra mondiale emerge la figura di Kisshomaru Ueshiba (figlio del fondatore) che diviene direttore generale della fondazione mentre sarà uno dei migliori allievi del vecchio Ueshiba, Koichi Tohei a rappresentare l’aikido nel mondo.
Le finalità
Lo scopo dell’aikido non è rivolto al combattimento e neppure alla difesa personale, anche se sfrutta uno strumento tecnico che proviene dall’arte militare dei samurai giapponesi.
L’aikido ha come obiettivo quella che viene definita una vittoria corretta, ossia il raggiungimento della padronanza di se stessi, cosa possibile solamente attraverso la conoscenza della propria interiore natura.
Questa è la filosofia che Ueshiba voleva propagare e che recitava che per cambiare le sorti del mondo era necessario prima di tutto, cambiare se stessi. A questo serviva il sapere come comportarsi di fronte ad un attacco lanciato da un avversario in un certo istante e in un determinato contesto per il quale occorreva saper padroneggiare completamente se stessi e l’aspetto legato all’arte marziale deve essere considerato come secondario elemento e nulla più.
Coloro che praticano l’aikido in modo osservante, maturano una disciplina interiore che poi si riflette nella quotidianità e nel modus vivendi dell’individuo.
Processo che si evolve di pari passo al percorso di competizione che l’aikido, inteso come arte marziale, motiva.
Può apparire contraddittorio ma il principio di non resistenza, trova la sua massima valorizzazione. Questo, però, non significa rimanere immobili di fronte ad un eventuale avversario bensì impone che la scelta prioritaria deve essere quella della propria conservazione a livello di integrità fisica e ciò è possibile quando la persone è capace di essere refrattario alle responsabilità di un conflitto che non deve avvertire il peso della contrapposizione di forza contro forza.